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          Carnevale deriva dal volgare <carnem levare - togliere la carne>, in relazione ai giorni che precedono il principale periodo di penitenza del cristianesimo: la Quaresima.

  Il primo giorno del Carnevale è fissato in base alle prescrizioni ecclesiastiche. L'inizio può essere il 1° gennaio, il 17 gennaio (Sant'Antonio) o il 2 febbraio (festa della Candelora), e si protrae fino al mercoledì delle Ceneri (nel rito ambrosiano, fino alla prima domenica di Quaresima).

  Il Carnevale è una festa popolare, che risale ai riti tradizionali della stagione invernale. L'esplosione di gioia e l'uso della maschera avevano la funzione di allontanare gli spiriti malefici. La maschera, infatti, rendendo l'uomo simile agli animali, gli dava un potere simbolico e temporaneo sugli animali sacri.

  Gli antichi romani si abbandonavano a festeggiamenti, che richiamano il carnevale odierno, durante i "Saturnali", feste dedicate al dio Saturno (divinità italica delle sementi), che iniziavano il 17 dicembre e si protraevano per sette giorni. La festa veniva inaugurata a Roma, con un sacrificio solenne, seguito da un generoso banchetto pubblico. Seguivano, poi, festeggiamenti di vario genere (gioco d'azzardo, allegre bevute, scambio di doni più o meno simbolici), che spesso sfociavano in eccessi. Durante i Saturnali tutto era consentito, in particolare era in uso lo scambio dei ruoli, indossando gli abiti altrui; gli schiavi venivano, ad esempio, serviti dai liberti o dai padroni e potevano concedersi ogni libertà!

  Con l'avvento del cristianesimo, il Carnevale continuò ad essere celebrato, ma perse il suo contenuto magico e rituale. Durante il Medioevo, il clero tollerò le feste popolari, anche le più grossolane, come la festa dell'asino e la festa dei folli (feste popolari, caratterizzate da gare tra asini o, nel secondo caso, dalla celebrazioni di stravaganze, definite follie).

  Durante i secoli, il Carnevale, ha stimolato anche la nascita di celebrazioni in forma di combattimento rituale, in cui venivano evidenziate le lotte fra varie parti di una stessa Città (quartieri, rioni, come ancor oggi avviene ad esempio nella battaglia delle arance di Ivrea), o fra classi sociali diverse dei cittadini.

  Così durante il Carnevale prendevano piede le battagliole fra circoscrizioni, borgate in cui i gruppi provenienti da ogni ceto sociale si affrontavano a colpi di sassi, bastoni, (oggi sostituiti da manganelli di plastica e, negli ultimi anni, dalla schiuma da barba).

  Fra i nobili si organizzavano giochi di origine cortese dov'era importante dimostrare grande prodezza nell'utilizzo delle armi.

  Tra i divertimenti più diffusi, i balli in maschera erano i più amati; fu durante i secoli XV° e XVI°, che si diffusero le mascherate pubbliche, e si rinnovarono alcune tradizioni.

  La pratica di mascherarsi (etimologicamente maschera deriva dall'arabo mascarà, che significa scherzo), più tarda, proviene invece dai Baccanali, feste in cui il non farsi riconoscere era un'esigenza dovuta agli eccessi di ogni tipo che si compivano. Inizialmente ci si dipingeva solo il volto, mentre in seguito nacquero le maschere mobili, fatte di legno, cuoio o metalli preziosi.

  Anche l'uso di gettare i coriandoli è molto antica: una volta erano fatti con i semi di una pianta chiamata, appunto, "coriandolo". Questi semi venivano tuffati nel gesso e poi lasciati seccare. Così assomigliavano a confetti, fatti apposta per essere lanciati dall'alto dei carri mascherati o da balconi e finestre. I primi coriandoli di carta furono forse inventati da un milanese che li distribuì ad una festa di carnevale per bambini.

  Nel Settecento si cominciò a diffondere l'usanza di utilizzare le maschere teatrali della Commedia dell'Arte come travestimenti carnevaleschi. La pratica coinvolse principalmente il popolo, per cui i vestiti sgualciti e logori di Arlecchino, Brighella o Gioppino non richiedevano una spesa ingente.

  In Italia il Carnevale è stato sontuosamente celebrato per secoli. Ancora oggi sono visibili i tratti di quest'antica festa nel Carnevale di Venezia, in quello di Viareggio, di Cento e di tante altre località, grandi e piccole, famose o quasi sconosciute.

Il Carnevale Ambrosiano: la festa continua

  Il Carnevale Ambrosiano è spesso indicato come esempio della volontà di prolungare i festeggiamenti del rito di febbraio, addirittura attraverso l’ufficializzazione di una calendarizzazione che risale al grande Ambrogio. Il Carnevale Ambrosiano si conclude il primo sabato di Quaresima, quindi continua per quattro giorni dopo la fine del Carnevale tradizionale. Dalle fonti sappiamo che questa tradizione della Lombardia tendente a prolungare il Carnevale per qualche giorno avrebbe origine molti secoli fa: ma c’è chi propende anche per altre tesi, per esempio quella che racconta di una tremenda epidemia di peste, in cui Milano restò chiusa in quarantena, per tantissimo tempo. Gli abitanti, anche quelli che non erano ammalati, pativano la fame, perchè era proibito uscire dalla città, e all'interno delle mura non si riusciva a produrre abbastanza cibo per tutti.

  Poi pian piano la situazione migliorò e, finalmente, le autorità diedero il permesso di riaprire la città, proprio il mercoledì delle ceneri. I milanesi si ritrovarono a dover cominciare il digiuno di Quaresima, proprio appena finito il digiuno causato dalla peste.… così il Vescovo di Milano si recò dal Papa, raccontò della peste, di come era stata terribile e di come la gente avesse sofferto.

  Il Papa allora firmò una bolla, cioè un documento, in cui si dava alla Diocesi di Milano il diritto di festeggiare il carnevale ambrosiano fino al sabato che precede la 1° domenica di quaresima, per sempre.

  Al di là degli aspetti eminentemente tecnici, ricordiamo che la storia ci riporta numerosi esempi dei tentativi attuati per contrastare questa abitudine: sappiamo ad esempio che Ludovico il Moro si oppose in vari modi per cercare di arrestare la voglia di "far festa" dei milanesi che non ne volevano sapere di far morire il Carnevale, anzi... Contro i trentasei giorni di Quaresima di Milano, periodo canonico per i primi secoli della Chiesa, si levarono molti teologi medievali che argomentarono, a partire dal V secolo, intorno al tema, sostenendo che il periodo quaresimale doveva corrispondere necessariamente a quaranta, in ragione dei giorni che Cristo aveva trascorso nel deserto in digiuno. San Carlo si oppose con tutte le forze ai quattro giorni in più di Carnevale: contro questa pratica "blasfema" istituì tutta una serie di preghiere e novene che avevano il ruolo di salvaguardare l’anima dei milanesi travolti dall’ebbrezza della festa. Sappiamo che gran parte del popolo si rivoltò contro il vescovo, e alla manifestazione di piazza che ne scaturì parteciparono anche molti nobili ed esponenti della classe abbiente.

  Contro il Carnevale Ambrosiano reagirono anche gli Spagnoli che, dopo la peste del 1630, emanarono una "grida" tendente ad accorciare di quei fatidici quattro giorni i festeggiamenti milanesi: non ci riuscirono, come dimostra la tradizione che fa sì che anche oggi, quando in tutte le altre città, con ancora gli occhi gonfi dei bagordi del martedì grasso, ci si cosparge il capo di cenere, i milanesi si preparano per altri quattro giorni di divertimento.

 

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