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      E' possibile che ci abbia pensato un po’ su, ma alla fine il dottor Giacomo Jamora, da decenni proprietario della cascina Meriggia, rivelò una generosità che dovette meritargli la riconoscenza e il ricordo dei segurini, tramandato in racconti della stalla ormai caduti nell’oblio, ma di cui si ha qualche testimonianza ancora oggi. Il medico, infatti, sborsò da solo più della metà del denaro necessario per pagare la fabbrica della nuova parrocchiale di San Giorgio, che già qualche anno dopo un visitatore ecclesiastico ebbe a definire elegantissima e che ancora oggi fa la sua bella figura tra le chiese del circondario.

  La storia andò così.

  Di una chiesa dedicata a San Giorgio, a Seguro, ci sono tracce che rimontano ad un’epoca antichissima: secondo alcune, essa sarebbe stata fondata al tempo delle crociate (il nome del paese compare per la prima volta in una carta del 1017). Altre ipotesi invece la farebbero risalire all’Alto Medioevo dei Longobardi. Doveva essere una semplice cappella di rozze pietre, tirata su alla bene e meglio: per tale ragione nella seconda metà del Cinquecento la sua ricostruzione era divenuta improrogabile.

  Visitando il paese nel Gennaio 1572, infatti, San Carlo Borromeo rimproverò aspramente i gentiluomini di Seguro perché lasciavano andare in malora la locale casa di Dio e non rispettavano gli impegni loro imposti da antichi testamenti, volti a garantire la presenza presso di essa di un cappellano.

  Nel giro di qualche annotuttavia Giovanni Battista Bolla, un milanese che in quegli anni stava allargando i suoi beni sotto il sole segurino, riuscì a organizzare la ricostruzione dell’edificio e, capolavoro diplomatico, a staccare Seguro dalla parrocchia di Santa Margherita. Ciò avvenne nel 1604 ad opera del cardinale Federico Borromeo, quello del Manzoni, che il 22 Ottobre di quell’anno era venuto in visita pastorale a Settimo.

  Forse il Bolla fece anche di più, nel senso che riuscì a piazzare suo figlio (o nipote) Evaristo come primo curato...

  L’amministrazione della chiesa non spettava tuttavia al parroco: competeva alla confraternita del Santissimo Sacramento, un’associazione di laici di cui i più anziani ancora oggi conservano il ricordo, che raggruppava gli uomini del paese con scopi devozionali e di assistenza.

  I confratelli, che avevano come abito caratteristico durante i riti una tunica bianca con una cappa rossa, erano guidati da officiali (il priore, il vicepriore, il tesoriere) e provvedevano alla manutenzione dell’edificio con vari metodi: raccolte di offerte, lavoro gratuito, trasporti di materiali a Milano (legna, granaglie) il cui ricavato veniva devoluto alla chiesa. Dai nominativi degli officiali della confraternita (che in alcuni casi sono conservati) si riesce a farsi un’idea, tra l’altro, di chi fossero i personaggi più influenti di Seguro, ovviamente a livello della popolazione rurale.

  Col passare dei decenni, la popolazione crebbe. Nel 1690 vennero effettuati dei lavori di allargamento: ma i segurini, nella chiesa del Bolla, non ci stavano più.

  Al parroco Carlo Maria Petroni (1734 - 1766) spetta il merito della ricostruzione; al dottor Jamora quel grosso finanziamento di cui si è detto; all’ingegner Giulio Galiori il disegno dell’edificio. Gli altri compadroni del paese diedero il loro contributo; ma proprio perché la chiesa è della gente, i massari e pigionanti di Seguro si diedero da fare lavorando gratis a tutte le operazione grosse: demolizione del vecchio fabbricato, scavo delle fondamenta, trasporto dei materiali.

  Questi ultimi provenivano in larga parte dalle cave del lago Maggiore e dalle sostre (magazzini all’ingrosso) della Darsena: via Naviglio raggiungevano Corsico e da lì i carri li portavano a Seguro.I lavori iniziarono nel Giugno 1754 e si conclusero, nelle strutture fondamentali, nel Novembre 1755. intanto, a Ferragosto dello stesso anno, si trovò il modo di sistemare tra le impalcature una bella tavolata per i maister e i loro magutt. La nuova chiesa si presentava innanzitutto ruotata di 90°: la vecchia facciata infatti davasulla via Barni. Le dimensioni dell’edificio, inoltre, avevano fatto scomparire il cimitero, o quel che ne restava, che sorgeva tutt’attorno.

  All’interno le pareti erano semplicemente intonacate e lo rimasero fino alla prima metà del secolo scorso, quando don Giovanni Origo incaricò i decoratori Pagani e Paganetti di dare loro l’attuale aspetto, prima della consacrazione officiata dal cardinale Schuster il 6 Agosto 1940.

  Notevoli sono la pala all’altare del Crocifisso, raffigurante Gesù in croce tra Sant’Antonio Abate e Santa Margherita da Cortona, opera settecentesca di Antonio De Giorgi; la statua della Vergine del Rosario, pure settecentesca, offerta alla chiesa dalla marchesa Maria Rezzonico del Frate, all’epoca proprietaria della Corte Barni; e soprattutto il grande dipinto sopra la porta dellasacrestia,operadel1546attribuitaa Pietro da Bagnara, raffigurante una Sacra Conversazione con la Vergine, il Bambino, San Lorenzo, San Giovanni Battista e Sant’Ubaldo.

 

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