SITO UFFICIALE DELLA PRO LOCO DI SETTIMO MILANESE   -  PER INFORMAZIONI:
  PRO LOCO SETTIMO MILANESE
  IL PAESE
  LA STORIA
  LA STORIA IN DISPENSE
  PARCO GIUSEPPE FARINA
  LE FAMIGLIE
  LE CHIESE
  I PALAZZI
  SETTIMO IERI
  SETTIMO OGGI
  LE NOSTRE PUBBLICAZIONI
  ARCHIVIO MANIFESTAZIONI
  COME CONTATTARCI
  NEWSLETTER
  LINK SITI AMICI
  STRADARIO
  NUMERI UTILI
  RISTORANTI - BAR - PIZZERIE
  CONVENZIONI
  METEO


 

     

      Dopo Santa Lucia (13 dicembre) le giornate iniziano impercettibilmente ad allungarsi: arrivati al 17 gennaio i nostri vecchi potevano esclamare con soddisfazione che“A Sant’Antoni un’ura bona”.

  Insomma, benchè l’inverno finisca ufficialmente il 21 marzo, già a gennaio, anche sotto la neve, si comincia ad avvertire il risveglio della natura.

  Non si dice forse che “sotto la neve pane”?

  Gli aforismi della sapienza agricola mostrano come attorno alla festa di Sant’Antonio Abate si siano coagulate leggende e significati ancestrali, tanto da trasformarla in una delle date chiave del calendario popolare. Con i nostri falò, noi oggi perpetuiamo questa tradizione.

  Antonio fu un personaggio reale: vissuto tra il 250 e il 356, fu iniziatore delle esperienze eremitiche nel deserto egiziano, uno dei fenomeni alla base del monachesimo medievale. Ancora oggi contempliamo con ammirazione e inquietudine i diversi quadri che hanno come soggetto, appunto, le tentazioni di Sant’Antonio.

  Ma se Sant’Agostino ricorda che l’esempio della sua vita attirava moltissimi seguaci, le genti del Medioevo furono colpite molto di più dalla collocazione nel calendario della festa del santo, il 17 gennaio, che pare sia stato effettivamente il giorno della sua morte.

  Molte figure del calendario cristiano, nel corso del lungo e sempre rinnovatesi fenomeno di cristianizzazione dei popoli, assunsero infatti attributi e ruoli di divinità preesistenti: basta pensare, per restare in ambito settimese, ad un confronto tra la storia di San Giorgio, patrono di Seguro, e il mito greco di Perseo e Andromeda.

  Nel nostro caso, va osservato che l’inizio dell’anno era sacralizzato come momento di passaggio tra la morte invernale della natura e la sua rinascita primaverile; diverse divinità e forze presiedevano o rappresentavano questo passaggio.

  Tra di esse, il dio celtico Lug, dio della morte e della resurrezione, custode delle porte infernali, che i miti presentano sempre accompagnato da un cinghiale, animale totemico delle antiche popolazioni europee.

  Così, per cristianizzare i riti e i simboli del passaggio stagionale, la chiesaacconsentìalla trasformazione di un monaco egiziano del IV secolo in un vecchio dalla lunga barba, una metafora dell’inverno: barba che viene bruciata nei grandi falò, simbolo del fuoco distruttore delle cose vecchie, creatore delle cose nuove, conforto dei rigori del clima.

Dice non a caso un altro proverbio calenderiale milanese:

A Sant’Antoni, frècc da demoni

A San Sebastian, frècc da can

A San Bias, el frècc l’è ras (è al colmo)”.

  Dal sacro falò di Sant’Antonio si traevano poi presagi sull’andamento dell’annata agricola: se le fiamme inclinavano verso ponente, si poteva sperare che il Santo avrebbe garantito un’annata “bundanziüsa, altrimenti ci sarebbe stato un anno di vacche magre, il che invero non andava troppo lontano dalla media.

  Settimo comunque poteva sperare in un trattamento preferenziale. Infatti sul territorio comunale c’era una cappella dedicata a Sant’Antonio: era a Castelletto ed era stata costruita negli anni Quaranta del Settecento dal padrone della cascina, il marchese Giovanni della Porta.

  Per la verità essa era dedicata a Sant’Antonio da Padova, ma sempre di Antonio e di agicoltura si trattava. Nel giorno del santo patavino (13 giugno) la gente era troppo impegnata nella mietitura (“Giügn, strèng al pügn”) e non poteva celebrare degnamente la festa: così si fece un antico compromesso e il 17 gennaio il coadiutore di Settimo andava a cantar messa nella cappelletta, pur sempre però alle sette e mezzo della mattina!

  Un’immagine di Sant’Antonio poi benediceva i passanti dalla facciata del “Gesioeu”, la cappella di San Giovanni Battista sulla via Novara: ai lati della porta infatti erano dipinti il nostro abate e San Cristoforo.

  Tornando ai significati simbolici, il cinghiale di Lug venne sostituito da un più innocuo maialino, animale peraltro carissimo alla cultura e all’economia contadina: esso infatti, oltre a servire per piatti prelibati, rappresentava un vero tesoro perché, come noto, “ del maiale non si butta via niente!”

  D’altro canto, si diceva una volta:

Festa l’è a Natal, a Pasqua e quant se masa el nimal”.

  Per i vecchi “regiò” e le loro famiglie, il maiale era il “nimal”, l’animale per eccellenza.

  Ma il falò ricorda anche un attributo di Sant’Antonio: come la settimese Sant’Apollonia era protettrice contro il mal di denti, il venerabile abate era protettore dall’herpes zoster, “el foegh de Sant’Antoni”.

  Dal maialino alle altre bestie, poi , il passo è breve: in molte regioni d’Italia il santo egiziano contende a San Sebastiano il ruolo di patrono del bestiame, col corredo delle tipiche e caleidoscopiche benedizioni di animali sui sagrati delle chiese.

  Altro sarebbe da dire sui significati stratificati nella figura del santo e nella festa che celebriamo oggi; ma val la pena di concludere ancora con due proverbi, nati non tanto da sostrati celtici, quanto dalla fantasia e dal gioco onomastico: in diversi paesi del Milanese (anche a Settimo?) la mattina della festa le zitelle rivolgevano al santo una trepidante giaculatoria:

O beato Sant’Antoni fasem fa un bun matrimoni

  Chi invece cerca qualcosa, non necessariamente un marito, può rivolgersi all’eremita in quest’altro modo:

Sant’Antoni da la barba bianca, fasem trovà quel che me manca”.

© PRO LOCO SETTIMO MILANESE


Parco Giuseppe Farina
Via Grandi, 13
20019 Settimo Milanese (Mi)
Email: info@prolocosettimomilanese.it
Telefono: 02 - 335 12 373 - Cellulare: 338-85 63 219